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giovedì 8 ottobre 2009

Missione Pianeta Verde - Art. 12

Oggi, e probabilmente per un altro paio di articoli, ci arriva un importante contributo da Valeria, un'amica che l'estate scorsa ha potuto conoscere da vicino la situazione della Colombia, ed in particolare di un distretto alla periferia di Bogotà: Soacha.


Negli ultimi anni la capitale della Colombia sta scalando la classifica delle città più sicure dell’America Latina: questo mostro urbano di più di 6 milioni di abitanti (l’intera popolazione di Israele, o della Scozia) diventa sempre più sicuro, vivibile, ricco e “occidentale”. Non viene tenuto conto però che la sua costante espansione a ritmi altissimi equivale ad inglobare piccoli e poveri centri urbani, e che la situazione politico-economica del paese fa sì che decine di migliaia di persone migrino verso la periferia della città, allargando le fila dei nullatenti, mendicanti e criminali.

Il distretto di Soacha, alla periferia di Bogotà, è il principale territorio ricevente desplazados, sfollati da ogni parte della Colombia, che si ritrovano nullatenenti nelle periferie dei grandi centri urbani, oltre ad essere un insediamento abusivo caratterizzato da estreme condizioni di vulnerabilità sociale ed ambientale.




I paramilitari sono presenti in ogni quartiere della zona e rappresentano la sola autorità di riferimento; lo Stato colombiano finge di non essere a conoscenza di realtà come queste o, peggio, spesso approva silenziosamente. Formazioni di guerriglia esistono in Colombia da più di 40 anni e il paramilitarismo è stata una reazione popolare ad essa, poi appoggiata dallo Stato stesso, che dava al Ministero della Difesa "la possibilità di rilasciare, attraverso i comandi dipendenti il porto di armi da guerra ai privati cittadini quando lo si riteneva opportuno". Nel 1989 questa norma fu dichiarata incostituzionale, ma nonostante ciò i paramilitari sono spesso rimasti come unica autorità e garante di giustizia della zona. Questi gruppi armati, come la guerriglia, vivono grazie al traffico di droga e contribuiscono a mantenere una forte instabilità politica nel paese.

I ladri e i piccoli criminali che costituiscono una buona parte della popolazione sono il minore problema relativo a questa zona, che è ormai diventata il maggiore bacino di reclutamento di uomini per i paramilitari; essi sfruttano l’estrema povertà di questa gente per allargare le file della lotta armata, che spesso rappresenta l’unica possibilità di soppravvivenza per i giovani del luogo.

Il quartiere è costruito su un fianco di una montagna, dove non ci sono strade ma si cammina solo sulla terra, dove non c’è acqua corrente (arriva solo due ore alla settimana) nè fognature, dove le case sono costruite raramente in mattoni e spesso solo con materiali reciclati (latta, cartone…).

Dalla montagna stessa viene estratta la sabbia, lavorata in una fabbrica che è situata ai piedi del rilievo. Questo porta a due devastanti conseguenze: la fabbrica (non a norma) scarica i rifiuti prodotti nell’unico fiume da cui il paese potrebbe trarre dell’acqua, il Rio Bogotà, e riversa nell’aria sostanze tossiche che producono un odore tremendo che impregna l’aria costantemente. Inoltre, in seguito alle estrazioni lungo il versante della montagna, le piogge tropicali causano frane, che distruggono una parte dell’insediamento.

Nel paese di Cazucà, nel distretto di Soacha, è stata costruita una scuola, dopo più di dieci anni di sforzi comunitari, che riceve e forma centinaia di bambini sfollati ed esclusi dall’educazione formale. La scuola garantisce ai bambini un’educazione fino al quinto anno (la nostra quinta elementare), grazie allo sforzo dei volontari. E’ presente una mensa con un piccolo forno, che forniscono agli alunni molto spesso l’unico pasto consistente della giornata.
Qui, nel mezzo di dure lotte per la sopravvivenza, e di ricordi drammatici di un passato che si ripresenta costantemente con la presenza di gruppi armati, emergono giovani che hanno deciso di mostrare la propia realtà con immagini scattate da loro stessi, per dare alla storia della Colombia una nuova possibilità di costriure una realtà fuori dai parametri di guerra, spesso promossi e difesi dal governo stesso.

Dal maggio 2006, cogliendo l’occasione di creare un’esperienza autonoma di educazione popolare, si concretizò la possibilità di continuare e consolidare un proceso di formazione in fotografía con bambini e giovani del posto. Aiutato da strategie pedagogiche e metodologiche della educazione popolare l’obiettivo del progetto di fotografía sociale è quello di sviluppare processi alternativi di ricostruzione della memoria individuale e collettiva, di appropriazione sociale territoriale, di eleborazione dei lutti e di rivalorizzazione della narrativa sulla violenza in Colombia.

Il progetto di fotografia sociale costituisce oggigiorno la sola porta che è stata aperta a questi ragazzi per un futuro migliore, cercando di mettersi il passato alle spalle; grazie ai volontari non si sentono soli, abbandonati al proprio destino, ma cercano di costruirsi un avvenire attraverso le piccole opportunità che il progetto può offrire (come la mostra delle fotografie da loro scattate all’Universidad Nacional de Bogotà), sviluppando le proprie capacità e, sopratutto, trovando fiducia in se stessi.

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