LA STORIA. L’altra sera a Sant’Eufemia il racconto di come un villaggio africano abbia puntato sull’«autosviluppo» tornando a popolarsi e a fare anche affari
In Senegal il paese che è rinato da solo
Ndem, abbandonato dagli uomini in fuga dalla miseria, ha vinto la sfida Soprattutto con le donne
Metti un pezzo di terra ormai poco più che desertico. Mettici donne, vecchi e bambini abbandonati dagli uomini emigrati prima nella vicina Dakar e poi alla volta dell’Europa per sfuggire alla miseria. Mettici pure la fame, la sete e un futuro molto più nero del colore della pelle dei loro abitanti.
Era questo Ndem e dintorni fino a 26 anni fa, quando Babacar M’Bow, senegalese, e sua moglie Aissa Cissè, parigina, decisero di tornare nel villaggio che era stato fondato decenni prima dal bisnonno di Babacar. Arrivarono in mezzo al nulla e decisero di puntare su quelle donne, creando un’associazione che oggi coinvolge circa 15 villaggi vicini e 4.800 persone, uniti dalla parola d’ordine «autosviluppo». E l’altra sera il «serigne» Babacar, il capo spirituale di Ndem, e «soxna» Aissa, il riferimento femminile per le altre donne, hanno raccontato la loro esperienza a un pubblico di almeno 200 persone intervenute nella sala comunale di Sant’Eufemia nell’ambito del convegno organizzato dalla Società mutua per l’autogestione, la Mag, e dall’associazione culturale femminile «Ishtar».
I due sposi, tradotti dal francese dall’attrice e regista tea trale Serena Sartori, che ha vissuto a Ndem, e da Luigina Longobardi di «Ishtar», hanno risposto alle domande del giornalista de L’Arena Gabriele Colleoni, raccontando come l’amore tra loro due, il loro profondo rapporto spirituale sia stato contagioso per tutto il resto del villaggio e su cui ancora oggi si basa lo sviluppo di quel piccolo popolo. «Quando siamo arrivati abbiamo iniziato a raccogliere piccole quote per l’associazione, poi abbiamo iniziato a comprare farmaci, a costruire piccole scuole, panifici e pozzi. Poi è stata la volta del microcredito e da allora, lentamente, gli uomini che e! rano emigrati altrove hanno iniziato a tornare, perché a Ndem si poteva di nuovo vivere» ha raccontato Babacar, immerso nella tradizionale tunica nera.
Anima gestionale della comunità di villaggi di cui Ndem è «capitale», è la sposa del «serigne», Aissa, la matrona, la mamma del villaggio: «Non c’era niente nel villaggio. C’erano solo le donne, e da esse abbiamo costruito tutto. Il loro coraggio, la loro solidarietà hanno permesso che Ndem rinascesse», ha detto Aissa. Oggi a Ndem c’è tutto quello che serve per vivere bene. C’è un grande atelier di moda africana, il marchio Maam Samba» dal nome del bisnonno fondatore di Ndem, che esporta i suoi capi coloratissimi in tutto il mondo e che ha un catalogo accattivante con modelle locali; ci sono i campi da coltivare e l’acqua da bere senza la necessità di fare chilometri. C’è persino una piccola industria che produce un biocarburante utilizzando l’argilla e le bucce delle arachidi. Un’isola felice che però ha risentito duramente della crisi economico-finanziaria, che ha causato una contrazione del 20% delle esportazioni. Anche qui i due non hanno tempo per piangersi addosso, e subito hanno cercato una soluzione, come ha spiegato Aissa: ribaltare i numeri della produzione, che per ora dicono che il 70 % dei prodotti di abbigliamento va all’estero, contro il restante 30% commercializzato nei villaggi e a Dakar. Invertendo i numeri si riuscirebbe a dimezzare i costi dei capi, diffondendoli soprattutto nella capitale del Senegal, dove l’associazione ha una sede nel centro culturale francese. I guadagni che verranno da questo rilancio saranno subito investiti in una mutua sanitaria che rilancerà la vita di questo piccolo lembo d’Africa. B.CAL.
L'Arena
Mercoledì 09 Settembre 2009 CRONACA Pagina 15
La "puntata di recupero" si sostanzia del resoconto giornalistico de L'arena sull'evento di lunedì sera a S.Eufemia. Ringrazio lo staff per aver permesso lo slittamento causato dall'organizzazione di questo evento. A breve seguiranno contributi audio-video!
Nessun commento:
Posta un commento