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domenica 13 settembre 2009

Il Pianto ed il Riso – art. 3

L'INCONTRO

IL PIANTO – “Per le strade delle nostre città-immondezzaio circolano migliaia di candidati all'esilio, che l'evoluzione economica del continente e del mondo ha fatto sprofondare nel nulla. Sognano un lavoro sicuro e redditizio, uno status sociale che garantisca loro rispetto e dignità e un futuro che cancelli per sempre dalla loro memoria lo spettro della disoccupazione e dell'umiliazione. E andarsene sembra la sola via d'uscita. Questi naufraghi del Sud credono che non ci sia più nulla da fare, nulla più si aspettano dal proprio paese e soprattutto dalla sua classe dirigente. Se ne trovano ovunque, in tutti gli ambienti, in città come in campagna: giovani diplomati senza occupazione, contadini, allevatori, quadri di alto livello... « Non c'è niente da fare qui » borbottava tra i denti Salia. « Non vedi? Ce ne stiamo lì, seduti, per giornate intere. Per favore, aiutami a ottenere un visto». Mia sorella era a casa mia con suo figlio, uno tra le tante migliaia di candidati all'esilio. Non ho mai rifiutato nulla a Dah, la maggiore delle mie sorelle. Ha aiutato nostra madre a crescerei, mi ha dato il latte, i biscotti secchi, la paghetta quando a Bamako frequentavo il liceo femminile come in¬terna. Dah è più di una sorella, è un'amica. Ed ecco che il più giovane dei suoi figli era pronto a tutto pur di sfuggire alla disoccupazione e alla disperazione. Io mi sentivo male. Non volevo deludere mia sorella, ma non accettavo l'idea che mio nipote non avesse altra scelta che l'emigrazione. « C'è così tanto da fare qui » tentavo di convincerlo. Ma non è semplice spiegarlo mentre quelli che hanno raggiunto «l'altra sponda» mandano soldi, medicine, materiale didattico, abiti e via dicendo. I miei discorsi mi sembravano assolutamente inutili e privi di fondamento di fronte a quei segni evidenti di successo e ricchezza che solo la partenza per la Francia o gli Stati Uniti sembrano garantire. Coloro che sono partiti alimentano negli altri l’illusione che all'estero tutto vada bene: curano la propria immagine, si vantano di poter fare più dei loro simili che, per giornate intere, bevono tè all'ombra degli alberi e vivono di espedienti, quando non cercano l'oblio nella droga o nell'alcol. Dovevo comunque salvare Salia, il minore dei figli di Dah. « Che cosa c'è da fare qui che mi permetta di aiutare i miei genitori, di sposarmi e di sistemarmi?» mi sfidò. « Ho provato di tutto. Il trattore del vecchio è rotto, i pezzi di ricambio costano un occhio della testa. Il piccolo commercio? I clienti prendono a credito e non pagano mai». Conoscendo bene tutte queste realtà non potevo che assentire. Ma al tempo stesso mi dicevo che ogni africano, uomo o donna, che emigra è una risorsa in meno per la nazione. L'adagio dice: «Quaggiù non è un luogo dove restare, e l'aldilà non è un luogo dove andare ». Perché troppi, veramente troppi sono gli uomini e le donne che non trovano il loro posto al Nord. Vanno a ingrossare le file dei subalterni della globalizzazione che raccolgono i rifiuti, puliscono i gabinetti, assolvono tutti i compiti che la gente del posto rifiuta, e non vengono certo risparmiati loro né il disprezzo né il razzismo.”

A.Traorè, L’immaginario Violato pp. 82ss

IL RISO – Ndem è prima di tutto incontro. Quest’oasi di speranza nel deserto africano nasce da un incontro, nasce dall’incontro e dall’amore di Serigne Babacar M’bow e Aissa Cissè. In cammino spirituale si sono allontanati dalla miseria interiore europea per cercare altrove un senso. Il richiamo alle origini di Serigne Babacar, li ha spinte a Ndem dove hanno stabilito di vivere. Qui donne e bambini arrancavano nell’estrema povertà. La sofferenza quotidiana e la grande forza interiore di questa gente li ha convinti a lottare per un futuro. E’ così che si sono offerti di condividere ogni sapere, ogni pratica per essere il ponte tra quell’Africa sperduta e l’Europa che non vuole ignorare. Ndem è l’incontro tra una giovane francese e un migrante wolof, è un incontro tra gli amici europei e i lavoranti di Ndem, è la concreta fiducia nell’incontro tra popoli.

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