
E’ la regione più povera del paese, praticamente dimenticata dallo Stato e covo di guerriglia e paramilitari; è la seconda più umida e piovosa al mondo, dove la gente vive in capanne di legno senza acqua corrente. Il Chocò in pratica non ha strade: le vie di comunicazione della regione sono i fiumi tropicali.
E’ abitato prevalentemente da discendenti degli schiavi americani portati dagli spagnoli dopo la conquista, i quali sopravvivono grazie alla caccia ma soprattutto alla pesca. Le foreste sono invece popolate anche da tribù indigene che da secoli hanno un rapporto teso e diffidente verso i bianchi.
Sono stata nel Chocò 4 giorni, sulla costa, in un villaggio vicino a Nuquì (una piccola cittadina). Nel villaggio vivono 250 persone ed ha solo una scuola elementare, un centro medico ed una chiesa che apre solo la domenica. La popolazione vive in baracche di legno, raramente di mattoni, senza acqua corrente, pavimenti e porte. Le strade non esistono: si cammina sulla terra o sulla sabbia. Arriva solo un po’ di elettricità e così su qualche tetto di paglia ogni tanto compare un’antenna.
Questo villeggio sopravvive solamente grazie ai pochi turisti presenti in zona, che pagano per andare alle ‘terme’. Le terme in questione sono costituite da un’unica vasca in pietra (di circa 6 metri quadrati) costriuta alla bella e meglio intorno ad una fuoriuscita di acqua geo-termale che hanno scoperto lungo il fiume.
La natura è impareggiabile: jungla che arriva fittissima fino in spiaggia e spiagge deserte di sabbia nera. La vegetazione è talmente fitta che i paramilitari si nascondono in zona da anni, ed ora per proteggere i turisti hanno deciso di stabilire un gruppo dell’Armada Naciònal (un ramo dell’esercito) a pattugliare la costa e la foresta 24 ore su 24.
Il Chocò è ancora considerato uno dei dipartimenti più pericolosi ma nonostante ciò sta lentamente riuscendo a sviluppare un po’ di turismo, che permette ad una parte della popolazione di vivere in modo migliore.
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