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sabato 21 novembre 2009

Servizi bancari e notizie economiche Art. 13

GLI ENTI LOCALI CONTINUANO LA CORSA DEI DERIVATI



Chi non impara dal passato è costretto a riviverlo. Le banche continuano a impacchettare mutui - per poi rivenderli moltiplicando i guadagni - e a tenersi stretti i manager a colpi di bonus, la Borsa è tornata a regalare la sensazione che la ricchezza sia a portata di mano, gli enti locali italiani continuano a giocare con i derivati per finanziarsi.
La crisi? Non spaventa Regioni Province e Comuni, a quanto pare. A fine giugno - dice il supplemento al Bollettino economico della Banca d'Italia dedicato alla finanza degli enti locali - ben 519 istituzioni avevano stipulato contratti di questo tipo, il 9,5% in più di un anno fa.
Attenzione: la Banca centrale prende in considerazione solo i contratti da 30 mila euro in su. Meglio di prima, quando il limite era a 75 mila, ma non è comunque tutto. Accade per effetto del cambiamento della soglia minima che rende obbligatoria la comunicazione del rapporto alla Centrale Rischi gestita dalla Banca d'Italia, deciso a fine 2008.
È una carambola pericolosa, che di solito si intraprende nella speranza di pagare meno interessi sui prestiti. Oggi come oggi è cosi: gli interessi sono legati all'Euribor, che sta aggiornando continuamente il suo minimo (in un anno ha perso circa tre punti). Peccato che il tasso Irs - a lungo periodo - che determina il costo di chiusura del contratto sia invece in salita. L'aumento di un punto base dei tassi di riferimento su un prestito a vent'anni, tanto per fare un esempio, a scadenza può trasformarsi in un aggravio dei costi tra il 15 e 20%. Una legnata tra capo e collo che si concretizzerà, tra l'altro, quando gli amministratori locali che hanno sottoscritto il contratto oggi saranno da tempo in pensione.
Senza contare che la fluttuazione dei derivati può dipendere dal prezzo di un titolo, dall'andamento di un indice o dalla quotazione - il caso più complicato - di un altro derivato. Insomma una vera e propria giostra degli interessi: non è un caso che secondo il Testo unico di Finanza dovrebbero essere trattati solo da operatori qualificati o società finanziarie. In caso contrario, la sottoscrizione diventa molto più complicata, e i rischi vanno controfirmati uno per uno.
Le due regioni che ci credono, le più esposte alle bizze dei derivati, sono Lombardia e Campania. Su 519 enti locali 53 sono in Lombardia e 52 in Campania. I dati di giugno 2009 - dato il cambio di parametro - non sono confrontabili con quelli di fine 2008, quando gli enti erano solo 474. C'è comunque una riduzione: nel 2007 erano 669.
È certo che ci sono in ballo un mucchio di soldi. Il valore di mercato dei derivati degli enti territoriali rimane di poco inferiore al miliardo di euro: 990 milioni di euro a giugno. A dicembre 2008 l'esposizione era a 1.061 milioni segnati allora.
Anche il valore nozionale - corrisponde al valore di riferimento per il calcolo dei flussi di pagamento - è sceso: da 26 a 24 miliardi. Abbassando la soglia, in Lombardia sono spuntati altri nove enti locali con derivati. Erano 44 a fine dicembre 2008 e 53 a giugno 2009. Emergono 9 comuni anche in Campania, salda al secondo posto con 52 enti. Non molti di meno sono gli enti della Puglia (48), del Veneto (45) e della Toscana. Segue la Sicilia (39) che supera il Lazio (36) e la Calabria (33).
Il bollettino analizza anche i dati sul debito degli enti locali che, alla fine del 2008, è stato pari a 106,6 miliardi e rappresentava il 6,4 per cento del debito complessivo delle Amministrazioni pubbliche. Il rapporto tra il debito e il Pil era del 6,8 per cento, con un lieve calo rispetto all'anno precedente (-0,3 punti percentuali).

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