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domenica 15 novembre 2009

Il Pianto ed il Riso – art. 11

IL VERDE DEL DESERTO

Rieccoci a narrare le vicende dell'Ong di N'dem, dopo una pausa dovuta all'impegno per lo Stand dei prodotti senegalesi in Fieracavalli.

in questo "numero" vorrei parlarvi di un aspetto in parte marginale, rispetto alle innumerevoli difficoltà africane, ma decisamente attuale: il problema ecologico-ambientale.
Dobbiamo pensare al continente africano come alla realtà socio-economica delle nostre campagne di un secolo fa. Lo sviluppo, l'industrializzazione sono concepite come i fattori necessari per raggiungere benessere e ricchezza. Lo sviluppo, in realtà dove è già molto poterlo pensare, non tiene quindi mai in considerazione l'impatto ambientale.
Tutto ciò può sembrare un problema limitato, tuttavia il modello consumista, seppur in povertà, è imperante e si riflette nel completo degrado ambientale delle città e delle periferie.
Passeggiando nella brousse è facile dunque imbattersi in discariche a cielo aperto.

N'dem, coem sappiamo, è l'incontro di culture, lo scambio di tradizioni e conoscenze, di percorsi e di errori commessi. Io credo che il contatto della comunità di N'dem con un mondo occidentale particolarmente sensibile a questi temi e sopratutto in grado di coglierne le motivazioni embrionali, abbia permesso di pensare ad un approccio diverso all'ambiente. Non bisogna dimenticare inoltre che il sentiero dell'amore Bayefall si concretizza sicuramente anche nella cura e nell'amore per la natura. Ecco dunque ciò che succede a N'dem...

"Ogni domenica mattina, accompagnati dal suono dei tamburi, i giovani del

villaggio escono in battuta di caccia nella savana.

Se non è assente per altri lavori, in testa alla comitiva c’è Serigne Babacar Mbow.

Ore 9. E’ aperta la caccia al rifiuto di plastica. Sacchetti trasportati dal vento in

ogni direzione di questa piana sconfinata: un flagello per l’ambiente e gli animali che

se ne possono nutrire.

Il riverito marabout, esempio di umile servizio, si china prima degli altri per

custodire nel migliore modo possibile il mondo che il Signore gli ha affidato per

viverci.

Il sole alza la mira e il sudore inizia a inumidire la fronte. Uno scoiattolo scarta

pochi passi più avanti e si inerpica lungo la ripida acacia.

La forma degli Angeli che si librano in Cielo è quella del bue; allontanati dallo

sviamento! / Gli Angeli sotto di essi sono come procellarie e quelli che seguono come

avvoltoi; non v’è il minimo dubbio! / Gli Angeli sotto questi ultimi sono come cavalli,

e dopo di loro, caro compagno, vengono gli Angeli somiglianti alle Uri! / E’ quindi

la volta degli Angeli della sesta sfera celeste, creati, secondo comune opinione, a

immagine dei figli di Adamo. / Ci sono veli, fratello, che coprono moltitudini

angeliche di una grande varietà.

Mi tornano in mente questi versi appena tradotti di Cheikh Ahmadou Bamba, che

sembrano la trasformazione del mondo in un universo animato, la configurazione

mistica del mondo terrestre.

Era in luoghi simili, mi piace immaginare proprio in questi, che il santo meditava

fino a spalancare l’occhio interiore sul Mondo Celeste, fino a svelare il mistero che

pervade ovunque questo oceano di forme.

Intanto, dall’altra parte del cosmo o a un passo da qui, altri uomini sono pronti a

scannarsi, accecati nei bassifondi della loro natura dove prospera l’odio, la vendetta,

il rancore mortale. Stupisce con sempre maggiore chiarezza il loro ostinato piacere di

gratificazioni istantanee, l’impressionante costo umano della malefica ignoranza.

Stupisce ancora più forte da qui, da questo lontano angolo di terra africana, dove senti

che si può vivere smettendo di fingere che non si scivoli tutti, sempre e in ogni più

piccolo istante, nell’infinito. Nel mio scarto breve e imprevisto di ribellione voglio

urlarlo alla tracotanza delle chimere, all’ingordigia dei potenti accecati.

Poi il sussulto si stempera. Di nuovo la pazienza. L’aura del luogo è più forte.

Sono giunto la prima volta di notte e mi allontano la mattina molto presto, rosari

che pendono dalle dita e un frullare di uccelli simili a passeri tra i cespugli spinosi in

attesa dell’acqua.

Per tre mesi all’anno, il paesaggio arido e piatto si trasforma in campi verdi di

miglio e bissap. L’orizzonte si stringe, la vertigine è all’improvviso domestica, un

immenso cortile di spighe e mietitori che si avvicinano.

I mesi di agosto, settembre, ottobre, poi di nuovo la ciclica sospensione e la terra

che beve ogni goccia residua.

Resta l’acqua dei pozzi e le gocce di sudore che seminano il verde del Paradiso."

(Vincenzo Maria Oreggia)

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