"Ogni domenica mattina, accompagnati dal suono dei tamburi, i giovani del
villaggio escono in battuta di caccia nella savana.
Se non è assente per altri lavori, in testa alla comitiva c’è Serigne Babacar Mbow.
Ore 9. E’ aperta la caccia al rifiuto di plastica. Sacchetti trasportati dal vento in
ogni direzione di questa piana sconfinata: un flagello per l’ambiente e gli animali che
se ne possono nutrire.
Il riverito marabout, esempio di umile servizio, si china prima degli altri per
custodire nel migliore modo possibile il mondo che il Signore gli ha affidato per
viverci.
Il sole alza la mira e il sudore inizia
pochi passi più avanti e si inerpica lungo la ripida acacia.
La forma degli Angeli che si librano in Cielo è quella del bue; allontanati dallo
sviamento! / Gli Angeli sotto di essi sono come procellarie e quelli che seguono come
avvoltoi; non v’è il minimo dubbio! / Gli Angeli sotto questi ultimi sono come cavalli,
e dopo di loro, caro compagno, vengono gli Angeli somiglianti alle Uri! / E’ quindi
la volta degli Angeli della sesta sfera celeste, creati, secondo comune opinione, a
immagine dei figli di Adamo. / Ci sono veli, fratello, che coprono moltitudini
angeliche di una grande varietà.
Mi tornano in mente questi versi appena tradotti di Cheikh Ahmadou Bamba, che
sembrano la trasformazione del mondo in un universo animato, la configurazione
mistica del mondo terrestre.
Era in luoghi simili, mi piace immaginare proprio in questi, che il santo meditava
fino
pervade ovunque questo oceano di forme.
Intanto, dall’altra parte del cosmo o a un passo da qui, altri uomini sono pronti a
scannarsi, accecati nei bassifondi della loro natura dove prospera l’odio, la vendetta,
il rancore mortale. Stupisce con sempre maggiore chiarezza il loro ostinato piacere di
gratificazioni istantanee, l’impressionante costo umano della malefica ignoranza.
Stupisce ancora più forte da qui, da questo lontano angolo di terra africana, dove senti
che si può vivere smettendo di fingere che non si scivoli tutti, sempre e in ogni più
piccolo istante, nell’infinito. Nel mio scarto breve e imprevisto di ribellione voglio
urlarlo alla tracotanza delle chimere, all’ingordigia dei potenti accecati.
Poi il sussulto si stempera. Di nuovo la pazienza. L’aura del luogo è più forte.
Sono giunto la prima volta di notte e mi allontano la mattina molto presto, rosari
che pendono dalle dita e un frullare di uccelli simili a passeri tra i cespugli spinosi in
attesa dell’acqua.
Per tre mesi all’anno, il paesaggio arido e piatto si trasforma in campi verdi di
miglio e bissap. L’orizzonte si stringe, la vertigine è all’improvviso domestica, un
immenso cortile di spighe e mietitori che si avvicinano.
I mesi di agosto, settembre, ottobre, poi di nuovo la ciclica sospensione e la terra
che beve ogni goccia residua.
Resta l’acqua dei pozzi e le gocce di sudore che seminano il verde del Paradiso."
(Vincenzo Maria Oreggia)
Nessun commento:
Posta un commento