Per l’articolo di oggi ho deciso di restare in Perù e di seguire un altro consiglio della mia amica Leticia, concentrandomi sul massacro di Bagua, successo nel giugno di quest’anno. Si tratta di 64 comunita indigene amazzoniche colpite da un’operazione militare ad opera del governo peruviano.
Ecco la descrizione degli avvenimenti fatta due giorni dopo, su Radio Nizkor, una delle principali radio che si occupa di diritti umani:
“Il 5 di giugno 2009 alle ore 5.30 del mattino ora locale di Peru’, gendarmi della Direzione Nazionale Operazioni Speciali (DINOES) attaccarono senza preavviso circa 4.000 indigeni che a quell’ora stavano dormendo. Le forze speciali attaccarono con armi e bombe lacrimogene e entro 15 minuti fu fatto intervenire un elicottero con artiglieria.
Queste comunità stanno realizzando uno sciopero che dura da quasi 2 mesi per rivendicare i loro diritti umani ed I loro diritti in quanto collettività, del loro diritto ad essere consultati e ad avere un dialogo con il Governo centrale. Questa Mobilitazione pacifica ha origine dalla promulgazione di un pacchetto di norme la cui abrogazione viene richiesta dalle Comunità. I decreti in questione garantizzerebbero lo sfruttamento minerario e petrolifero in violazione al diritto delle Comunità ad essere consultate e in violazione delle norme internazionali che tutelano i diritti dei popoli indigeni.”
700 dei 4000 nativi coinvolti si rifugiarono presso il Centro Pastorale nella Casa delle Sorelle della Trinita’ di Bagua Grande; dei restanti non si ha notizia e sono considerati non identificati o scomparsi; anche se si suppone che molti degli scomparsi si siano nascosti, non si sa quanto di loro sono stati assassinati dato le Forze militari e di polizia impediscono che i gruppi di appoggio localizzino gli scampati: alcuni corpi sono stati recuperate nei fiumi, altri trovati bruciati.
La popolazione amazzonica peruviana comprende l’11% della popolazione, abita le più estese delle tre regioni naturali del Perú, il nord, centro e sud-oriente. Ha un’organizzazione sociale che risale a prima della conquista spagnola: gli indigeni abitano in case collettive, non hanno partiti o votazioni, la loro organizzazione sociale e politica è la comunità: non è il capo a comandare, ma il soggetto collettivo, la comunità. Hanno vissuto così da millenni pima dell’invasione europea, prima della costituzione dello stato peruviano, che non li ha mai consultati per elaborare le leggi che li coinvolgono direttamente.
Hugo Blanco Galdos, importante figura politica e leader della Campesinos Confederation of Peru (Confederazione dei Contadini del Peru’) una settimana dopo il massacro scrive:
“Il 5 giugno, e stato usato il corpo poliziesco specializzato nella repressione dei movimenti sociali, la Dirección de Operaciones Especiales (DIROES). Sono stati attaccati i fratelli awajun e wampis [due etinie] che bloccavano la strada vicino al villaggio di Bagua. Alle 5 della mattina è cominciato il massacro dagli elicotteri e da terra. I poliziotti non hanno permesso i soccorsi ai feriti, a chi era arrestato e neanche ai familiari di raccogliere i cadaveri.
L’Asociación Pro Derechos Humanos (APRODEH) ha affermato che chi cercava amici e familiari non li trovava. Inoltre le autorità non davano nessuna informazione. Il bilancio fatto dall’Associazione è di 113 arrestati e 189 feriti. Gli arrestati dopo sette giorni sono ancora detenuti, in parte nella caserma El Milagro senza nessuna carta e sottoposti a maltrattamenti.
I fratelli amazzonici si sono difesi con lancie e frecce, poi hanno usato le armi che hanno preso dagli aggressori. La rabbia ha fatto sì che abbiano preso un installazione petrolifera in cui hanno catturato un gruppo di poliziotti, che poi hanno portato nella selva, per poi giustiziarne alcuni.
La popolazione “mestiza” urbana di Bagua indignata dal massacro ha assaltato la sede dell’APRA, il partito di governo e alcuni uffici pubblici, bruciandone le auto. La polizia ha assassinato diverse persone, anche alcuni bambini.
Il governo ha decretato la sospensione delle garanzie costituzionali. La polizia, protetta da questa decisione, è entrata nelle case per catturare i nativi che vi si erano nascosti. Molti si sono rifugiati nella Chiesa. Si parla comunque di centinaia di “desaparecidos”.”
Le relazioni con le popolazioni indigene sono sempre state difficili e costituiscono ancora adesso uno dei maggiori problemi interni, in Peru come in Colombia; problemi che di sicuro si protrarranno per molto tempo, in quanto le autorità centrali non riescono a stabilire buoni rapporti con le comunità attraverso leggi che riconoscano I loro diritti alla terra, sulla quale vivono da molte centinaia di anni.
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mercoledì 18 novembre 2009
Sudamerica es pasion - Art. 3
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