Qualche tempo fa avevo chiesta alla mia amica argentina Marcela di aiutarmi a scrivere un post sulla crisi finanziaria che c’è stata nel suo paese nel 2001/2002.
Ecco quindi cosa successe e come percepì lei la crisi, che all’epoca lavorava in banca. Credo che quello successo in Argentina qualche anno fa possa comunque farci riflettere sulla crisi finanziaria ed economica di oggi.
La crisi si sviluppò durante gli anni precedenti attraverso l’esorbitante crescita della spesa pubblica di fronte a ingressi fiscali insufficienti. Per fronteggiare questo problema si ricorse all’indebitamento con l’estero. Si aumentarono le tasse e l’economia rispose negativamente. La crisi del 2001/2002 fu macroeconomica.
Fino al 1997 l’economia argentina era cresciuta più di quanto era stato calcolato. Solo nel 1995 si fermò, a causa dell’effetto “Tequila” (la crisi messicana), ma riprese rapidamente. Arrivarono molti capitali dall’estero, sotto forma di credito bancario, finanziamenti alle importazioni, etc. Le necessità finanziarie del settore pubblico venivano coperte in gran parte grazie ai mercati esteri. Fu così che l’affluenza di capitali esteri divenne un pilastro fondamentale per il funzionamento dell’economia argentina. Queste risorse resero possibile che la somma del consumo, l’inversione e la spesa pubblica superassero l’ingresso prodotto dal interno del paese.
Alla fine del 1998 la svalutazione del Brasile colpì direttamente l’economia argentina. La condizione mondiale di finanziamento per i paesi emergenti peggiorarono bruscamente. LA spesa pubblica straripò al punto che ci fu un’ampia inconsistenza tra lo squilibrio fiscale ed il regime di convertibilità (la cui parità era un peso, un dollaro). Negli ultimi mesi del 1998 iniziò la recessione; i debiti non si potevano sostenere più.
A partire dal gennaio 2001 iniziò ad esserci un’emorme fuga di depositi bancari. La gente cominciò a percepire una grande debolezza politica (Fernando De la Rùa era presidente in quegli anni). Iniziò un corrida bancaria enorme, i soldi (la maggiorpartte in dollari) vennero prestati alle imprese atomizzate. Questo significa che circa l’80% del denaro prestato dalle banche era in mano al 4% dei debitori. Quando i pagamenti terminarono le imprese non erano comunque in grado di soddisfare le proprie obbligazioni, facendo sì che il sistema bancario si indebitassi notevolmente. Il 1 dicembre passò il decreto 1570/01 che proibiva prelievi di contanti superiori ai 250 dollari settimanali per persona, il famoso corralito bancario. Questo portò successivamente alla caduta del presidente.
Da quel momento iniziò un grande movimento sociale, la gente iniziava a manifestare, a protestare: si formarono i famosi cacerolazos. La popolazione si trovava nella Plaza de Mayo con cacerolas (pentole) chiedendo le dimissioni del governo. Iniziarono i saccheggi ai supermercati, le banche chiusero addirittura una settimana per provare a far fronte alla crisi. Ma le proteste continuavano: alcuni manifestanti furono uccisi, la polizia tirava gas lacrimogeni.
Marcela dice: “fu un vero e proprio disastro, ed io sprofondai in una tristezza infinita... bastava vedere con quanta facilità ci si ammazzava...era una guerra di tutti contro tutti. Si dice che molte di queste manifestazioni siano in realtà state un’operazione politica dell’opposizione, ma comunque sia non si poteva uscire di casa. In una settimana cambiammo tre diversi presidenti: Alberto Rodriguez Saá, Ramón Puerta ed Eduardo Duhalde, che rimase al governo per quasi due anni.
Io allora lavoravo in banca, come cassiera. E non posso che descriverlo come un periodo orribile: la gente urlava, era violenta, disperata... a molti avevano confiscato i risparmi di una vita. L’indice di disoccupazione aumentò improvvisamente, molte piccole e medie imprese cessarono l’attività commerciale perchè non potevano più far frone alle imprese.
Molta gente ricorse alla giustizia ed iniziò “Recursos de amparo” (ricorso di protezione), grazie ai quali le banche furono poco a poco abbligate a riconsegnare i depositi dei clienti nella forma originaria (la maggior parte in dollari). Ancora oggi si continuano a pagare questi recursos, dove il cambio è 1.40 pesos per ogni dollaro. Molta gente comprò buoni del debito pubblico con quei soldi, chiamati Bodén 2012 e Bodén 2013: vedremo se nel 2012 e nel 2013 si restituiranno i soldi restanti.”
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