E L A V E R G O G N A D I E S E R E I T A L I A N I S I R I P E T E !!!!!!!!!!!
Dietrofront incomprensibile ( o forse sì ) della Camera: stipendi ………… cancellato il tetto degli stipendi di manager per le società quotate.
Questa notizia non è apparsa nei telegiornali e nei quotidiani ( solamente alcuni che si possono contare sulle dita di una mano ) forse per vergognarsi nel rispettare i cittadini disoccupati, cassa integrati, pensionati che percepiscono la minima di pensione e che non riescono ad arrivare alla fine del mese; oppure a tutti quelle persone “ bamboccioni “ che non possono permettersi il lusso di pagare un affitto o di mettere su casa rinunciando anche ad avere dei figli.
Quindi tutti felici e contenti ( gli amici degli amici che per grado di parentele o di spintarelle politiche occupano prestigiosi posti di lavoro) : niente tetti agli stipendi dei manager di banche e società quotate.
La commissione Finanze della Camera ha eliminato la misura introdotta durante l’ esame in Senato della legge comunitaria 2009.
Viene così cancellato il divieto per il trattamento economico dei manager di superare quello annuo lordo spettante ai parlamentari.
MI VERGOGNO DI ESSERE ITALIANO.
W L’ ITALIA.
Massimo De Angeli.
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"Giornalismo alla sbarra"
A cura di Alain:
"Missione Pianeta Verde"; "Pensare Globale, Agire Locale"
A cura di Massimo :
"Servizi bancari e notizie economiche"
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"Il Pianto ed il Riso"
A cura di ForumGiovaniVr:
"Filo Diretto Con i Giovani"
A cura di Valeria:
"Sudamerica es pasion"
A cura di fratellipolemici:
"Video della settimana precedente"
Buona lettura
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domenica 28 febbraio 2010
venerdì 26 febbraio 2010
Il Fabbricante dei Sogni - Art.4
Oggi volevo discutere della macchina burocratica. Come ben si sa, fu max Weber a teorizzarne la sua struttura formale, ma ricevette critiche derivanti dall'analisi pratica della sua teoria.
Infatti , si è potuto facilmente intuire che la famosa razionalità sinottica di Weber, cioè quella razionalità per la quale va ricercato sempre il miglior metodo tra tutti i casi possibili, risultava praticamente impossibile nella sua applicabilità.
Uno che criticò ciò suddetto fu Crozier, sociologo francese, il quale disse che il potere residuale, cioè quel potere d'iniziativa che ogni burocrate poteva avere non essendo strettamente definita la sua attività, diventava un potere discrezionale che andava chiaramente incontro alle esigenze personali, quindi al profitto personale, quindi al proprio interesse e non dell'azienda.
Questo potere discrezionale rappresenta quindi un limite estremamente imponente per la macchina burocratica e soprattutto per la sua efficienza ed efficacia.
Da qui , con la razionalità limitata Simon e la suddivisione in 5 tipi di burocrazie diverse di Mintzberg, i metodi per cercare di arginare le problematiche burocratiche furono pensate e oggi , nonostante lo sforzo di molti, la burocrazia rimane un grosso problema nelle amministrazioni di tantissime aziende e società.
E' una problematica che mette in difficoltà e rallenta il lavoro, ma allo stesso tempo si pone l'obbiettivo di garantire ordine e rigore nei procedimenti.
L'analisi del mondo burocratico è, a mio avviso, importante nell'ottica odierna poiché ai giorni nostri le lamentele sulla lentezza della burocrazia sono all'ordine del giorno. Capire bene di cosa si sta parlando è assolutamente utile per cercare di trovare il miglior metodo possibile per un intelligente rimedio a questa inefficienza di fondo.
Vogliamo pensare , ad ogni modo, che quel potere discrezionale che la burocrazia inefficace consente sia gestito nel modo piu' sobrio dagli uomini, anche se sappiamo che la logica di profitto ed interesse che pervade l'uomo odierno non lascia scampo a molte illusioni.
Infatti , si è potuto facilmente intuire che la famosa razionalità sinottica di Weber, cioè quella razionalità per la quale va ricercato sempre il miglior metodo tra tutti i casi possibili, risultava praticamente impossibile nella sua applicabilità.
Uno che criticò ciò suddetto fu Crozier, sociologo francese, il quale disse che il potere residuale, cioè quel potere d'iniziativa che ogni burocrate poteva avere non essendo strettamente definita la sua attività, diventava un potere discrezionale che andava chiaramente incontro alle esigenze personali, quindi al profitto personale, quindi al proprio interesse e non dell'azienda.
Questo potere discrezionale rappresenta quindi un limite estremamente imponente per la macchina burocratica e soprattutto per la sua efficienza ed efficacia.
Da qui , con la razionalità limitata Simon e la suddivisione in 5 tipi di burocrazie diverse di Mintzberg, i metodi per cercare di arginare le problematiche burocratiche furono pensate e oggi , nonostante lo sforzo di molti, la burocrazia rimane un grosso problema nelle amministrazioni di tantissime aziende e società.
E' una problematica che mette in difficoltà e rallenta il lavoro, ma allo stesso tempo si pone l'obbiettivo di garantire ordine e rigore nei procedimenti.
L'analisi del mondo burocratico è, a mio avviso, importante nell'ottica odierna poiché ai giorni nostri le lamentele sulla lentezza della burocrazia sono all'ordine del giorno. Capire bene di cosa si sta parlando è assolutamente utile per cercare di trovare il miglior metodo possibile per un intelligente rimedio a questa inefficienza di fondo.
Vogliamo pensare , ad ogni modo, che quel potere discrezionale che la burocrazia inefficace consente sia gestito nel modo piu' sobrio dagli uomini, anche se sappiamo che la logica di profitto ed interesse che pervade l'uomo odierno non lascia scampo a molte illusioni.
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giovedì 18 febbraio 2010
Sudamerica es pasion - Art. 10
“I giornalisti, come il resto dei colombiani, sono vittime di una feroce violenza fratricida. Come qualunque abitante di questo paese non vogliamo essere nè martiri nè eroi. Abbiamo un’aspirazione elementare: morire di vecchiaia o di polmonite, non di ‘plumonìa’; cioè morire a causa di banali proiettili, sparati da uno qualunque degli attori in conflitto.”
www.jaimegarzon.com
Jaime Garzòn è stato un giornalista e comico colombiano.
Diventò famoso per il suo programma di satira Zoocietad, trasmesso dalla televisione colombiana tra il 1991 ed il 1993. Il programma era una burla della società consumista e materialista e della politica colombiana. Poi, insieme al giornalista Diego Leòn Hoyos lavorò nel programma Quac! El Noticiero: con la forma di un notiziario, questo programma di satira politica diventò il più famoso nella storia della Colombia.
Dopo aver partecipato ad un’importante trattativa con le FARC con l’obiettivo di arrivare alla pace, fu assassinato il 13 agosto del 1999 dalle Autodefensas Unidas de Colombia, il gruppo paramilitare di estrema destra, mentre si recava al lavoro.
A più di 10 anni dal suo omicidio la giustizia colombiana non è ancora riuscita a rintracciare il responsabile. L’unico condannato, il capo paramilitare Carlos Castaño, è irrintracciabile dal 2004 (alcune fonti lo danno per morto, altre sostengono viva all’estero): è stato riconosciuto come l’autore intellettuale dell’omicidio, condannato a 38 anni.
Si dice che Garzòn fosse venuto a conoscenza del piano paramilitare per eliminarlo e che avesse contattato Castaño con l’intenzione di incontrarlo. Il capo militare accettò e programmò l’incontro per il giorno successivo alla morte del giornalista e mandò un contrordine per bloccare l’omicidio. Il contrordine sembra non sia mai arrivato, o arrivato troppo tardi e ciò porta ad assumere che fosse una trappola.
I personaggi e le parodie di Jaime Garzòn erano caratterizzati dalla critica rivolta ai governi di turno e dalla acutezza delle analisi sulla condizione del paese. Le sue trasmissioni erano diventate per molti colombiani l’unico momento in cui era possibile capire cosa succedesse nel paese, evitando le solite interferenze e bugie di una classe politica corrotta.
Il giorno del suo omicidio il suo collega e amico César Augusto Londoño durante la trasmissione CM&, condotta da entrambi, iniziò con un “buonasera, paese di merda!”.
www.jaimegarzon.com
Jaime Garzòn è stato un giornalista e comico colombiano.
Diventò famoso per il suo programma di satira Zoocietad, trasmesso dalla televisione colombiana tra il 1991 ed il 1993. Il programma era una burla della società consumista e materialista e della politica colombiana. Poi, insieme al giornalista Diego Leòn Hoyos lavorò nel programma Quac! El Noticiero: con la forma di un notiziario, questo programma di satira politica diventò il più famoso nella storia della Colombia.
Dopo aver partecipato ad un’importante trattativa con le FARC con l’obiettivo di arrivare alla pace, fu assassinato il 13 agosto del 1999 dalle Autodefensas Unidas de Colombia, il gruppo paramilitare di estrema destra, mentre si recava al lavoro.
A più di 10 anni dal suo omicidio la giustizia colombiana non è ancora riuscita a rintracciare il responsabile. L’unico condannato, il capo paramilitare Carlos Castaño, è irrintracciabile dal 2004 (alcune fonti lo danno per morto, altre sostengono viva all’estero): è stato riconosciuto come l’autore intellettuale dell’omicidio, condannato a 38 anni.
Si dice che Garzòn fosse venuto a conoscenza del piano paramilitare per eliminarlo e che avesse contattato Castaño con l’intenzione di incontrarlo. Il capo militare accettò e programmò l’incontro per il giorno successivo alla morte del giornalista e mandò un contrordine per bloccare l’omicidio. Il contrordine sembra non sia mai arrivato, o arrivato troppo tardi e ciò porta ad assumere che fosse una trappola.
I personaggi e le parodie di Jaime Garzòn erano caratterizzati dalla critica rivolta ai governi di turno e dalla acutezza delle analisi sulla condizione del paese. Le sue trasmissioni erano diventate per molti colombiani l’unico momento in cui era possibile capire cosa succedesse nel paese, evitando le solite interferenze e bugie di una classe politica corrotta.
Il giorno del suo omicidio il suo collega e amico César Augusto Londoño durante la trasmissione CM&, condotta da entrambi, iniziò con un “buonasera, paese di merda!”.
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Il Fabbricante dei Sogni - Art.3
Oggi volevo discutere dell'interessante valutazione dei partiti di massa asserita da MICHELS, studioso di scienze politiche e sociali.
Ma, per evitare inutili spiegazioni che potrebbero risultare pedanti e poco interessanti, lascerei parlare proprio le sue affermazioni, per poi proseguire con una mia rivisitazione nel mondo odierno.
Scrive Michels:
"Nell'essenza dell'organizzazione è insito un tratto profondamente aristocratico. Il macchinario dell'organizzazione, creando una solida struttura, provoca nella massa organizzata pesanti trasformazioni. Trasforma in senso inverso il rapporto del capo con la massa[...]. Tutti i membri dell'organizzazione hanno su di essa gli stessi diritti. Tutti hanno diritto di voto. Tutti sono eleggibili. Tutti gli uffici sono elettivi e tutti i funzionari sotto il costante controllo di tutti, e sono in ogni momento revocabili e destituibili. Il principio democratico garantisce al maggior numero possibile influenza e partecipazione all'amministrazione della cosa pubblica"
Prosegue poi :
"Cosi l'organizzazione porta a termine la divisione di ogni partito in una minoranza dirigente e una maggioranza diretta[...]. Quanto piu' si estende e si ramifica l'apparato ufficiale del partito, cioè quanto maggiore è il numero dei membri , quanto piu' si riempiono le sue casse, quanto piu' aumenta la stampa di partito, tanto piu' si riduce il potere popolare sostituito dall'onnipotenza dei comitati e delle commissioni"
Conclude poi:
"Gli ex lavoratori si appropriano di una routine che li fa ascendere sempre piu' al di sopra dei loro mandanti, cosi che infine perdono il senso di comunità con la classe che li ha espressi; ne deriva una vera differenza di classe tra i capi ex proletari e i gregari proletari"
Ma, per evitare inutili spiegazioni che potrebbero risultare pedanti e poco interessanti, lascerei parlare proprio le sue affermazioni, per poi proseguire con una mia rivisitazione nel mondo odierno.
Scrive Michels:
"Nell'essenza dell'organizzazione è insito un tratto profondamente aristocratico. Il macchinario dell'organizzazione, creando una solida struttura, provoca nella massa organizzata pesanti trasformazioni. Trasforma in senso inverso il rapporto del capo con la massa[...]. Tutti i membri dell'organizzazione hanno su di essa gli stessi diritti. Tutti hanno diritto di voto. Tutti sono eleggibili. Tutti gli uffici sono elettivi e tutti i funzionari sotto il costante controllo di tutti, e sono in ogni momento revocabili e destituibili. Il principio democratico garantisce al maggior numero possibile influenza e partecipazione all'amministrazione della cosa pubblica"
Prosegue poi :
"Cosi l'organizzazione porta a termine la divisione di ogni partito in una minoranza dirigente e una maggioranza diretta[...]. Quanto piu' si estende e si ramifica l'apparato ufficiale del partito, cioè quanto maggiore è il numero dei membri , quanto piu' si riempiono le sue casse, quanto piu' aumenta la stampa di partito, tanto piu' si riduce il potere popolare sostituito dall'onnipotenza dei comitati e delle commissioni"
Conclude poi:
"Gli ex lavoratori si appropriano di una routine che li fa ascendere sempre piu' al di sopra dei loro mandanti, cosi che infine perdono il senso di comunità con la classe che li ha espressi; ne deriva una vera differenza di classe tra i capi ex proletari e i gregari proletari"
E' quindi chiara la visione di Michels. A suo avviso si inoltrerebbe inevitalbimente un processo di "imborghesimento" nei partiti di massa.
Inutile dire che probabilmente, ai giorni nostri, valutando in quest'ottica i scivoloni parlamentari delle sinistre europee, possiamo ipotizzare che Michels avesse qualche ragione.
Infatti, da tempo ormai, mentre la destra esprime le sue convinzioni con la forza dei fatti ( apparenti o reali che siano non è importante ora discuterne ) , come insegna la Lega Nord con la sua campagna patriottica e nazionalista e di forte avversione verso il diverso e attuando di conseguenza questa condotta politica, la sinistra si appoggia su antichi valori di riformismo, di aiuto alle famiglie piu' povere, di maggiore controllo dello Stato sul mercato, di redistribuzione, quando poi la classe dirigente che rappresenta quella parte politica è imbarazzante per incoerenza e discontinuità.
Secondo Michels , quindi, l'oligarchia è un concetto che in politica difficilmente non si espone, poichè piu' un'organizzazione diventa complessa, piu' le differenze sono nette, generando dirigenti e diretti. Seguono poi le varie interpretazioni su quanto sia ingiusta la direzione in alcuni ambiti economico-politici, ma sta di fatto che le differenze, almeno in democrazia, sembrano non poter mai mancare.
Inutile dire che probabilmente, ai giorni nostri, valutando in quest'ottica i scivoloni parlamentari delle sinistre europee, possiamo ipotizzare che Michels avesse qualche ragione.
Infatti, da tempo ormai, mentre la destra esprime le sue convinzioni con la forza dei fatti ( apparenti o reali che siano non è importante ora discuterne ) , come insegna la Lega Nord con la sua campagna patriottica e nazionalista e di forte avversione verso il diverso e attuando di conseguenza questa condotta politica, la sinistra si appoggia su antichi valori di riformismo, di aiuto alle famiglie piu' povere, di maggiore controllo dello Stato sul mercato, di redistribuzione, quando poi la classe dirigente che rappresenta quella parte politica è imbarazzante per incoerenza e discontinuità.
Secondo Michels , quindi, l'oligarchia è un concetto che in politica difficilmente non si espone, poichè piu' un'organizzazione diventa complessa, piu' le differenze sono nette, generando dirigenti e diretti. Seguono poi le varie interpretazioni su quanto sia ingiusta la direzione in alcuni ambiti economico-politici, ma sta di fatto che le differenze, almeno in democrazia, sembrano non poter mai mancare.
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domenica 14 febbraio 2010
Servizi bancari e notizie economiche Art. 24
UN PUNTO SULL' ECONOMIA
Nelle scorse settimane il governo Berlusconi si è lanciato nella sua tipica politica di promesse. Ha promesso che avrebbe ridotto le aliquote da 5 a 2, passando ad una situazione con una da 22% e una del 33%. Nell'arco di pochi giorni abbiamo scoperto che, come al solito, si trattava di una promessa, e quindi ha fatto marcia indietro.
Non è la prima volta. Ad ottobre il governo aveva preannunciato, nel corso del convegno nazionale del consiglio dell'artigianato, che avrebbe abbolito l'Irap, una tasse che le piccole imprese odiano molto. Anche quella fu una promessa.
E' dal 1994 che Berlusconi promette di ridurre le tasse, riempiendo le città italiane con grandi manifesti con scritto “Meno tasse per tutti”. In realtà, nel 2009 la pressione fiscale è arrivata al suo massimo storico, parliamo del 44% del PIL.
Apprendiamo continuamente che aumentano i balzelli e le tasse, proprio oggi scopriamo che il governo ha appena introdotto una nuova tassa sui personal computer, sui decoder, sulle pen drive e su tutti gli strumenti digitali che possono servire per registrare musica e video. Le tasse non stanno diminuendo, semmai stanno aumentando.
La domanda che possiamo porci è: è possibile immaginare di tagliare le tasse senza ridurre la spesa pubblica? Va ricordato che il governo Berlusconi è stato capace di far aumentare il debito pubblico italiano di dieci punti percentuali, nell'ultimo anno, passando dal 105% del PIL al 115% nel 2009.
I signori del governo lanciano promesse su ridurre le tasse senza spiegare come avrebbero voluto finanziare questa riduzione. Parliamo di una cifra complessiva dell'ordine di 20-25 miliardi di euro, una cifra enorme. La domanda vera è: come si potrebbe immaginare di fare una riforma del genere senza ridurre la spesa pubblica? Se non si facesse tramite una riduzione della spesa pubblica la situazione sarebbe quella di un ulteriore aumento, in via permanente, del debito pubblico, rischiando di portare il Paese verso la bancarotta finanziaria, cioè preannunciare uno scenario simile a quello dell'Argentina.
Forse in questo momento non è indispensabile immaginare una riforma delle aliquote nella direzione annunciata da Berlusconi. La vera emergenza è quella di accrescere il potere d'acquisto per le famiglie più povere. Gli interventi che sarebbero necessari in questo momento dovrebbero essere orientati a ridurre le tasse solo per le famiglie più povere.
Nelle scorse settimane il governo Berlusconi si è lanciato nella sua tipica politica di promesse. Ha promesso che avrebbe ridotto le aliquote da 5 a 2, passando ad una situazione con una da 22% e una del 33%. Nell'arco di pochi giorni abbiamo scoperto che, come al solito, si trattava di una promessa, e quindi ha fatto marcia indietro.
Non è la prima volta. Ad ottobre il governo aveva preannunciato, nel corso del convegno nazionale del consiglio dell'artigianato, che avrebbe abbolito l'Irap, una tasse che le piccole imprese odiano molto. Anche quella fu una promessa.
E' dal 1994 che Berlusconi promette di ridurre le tasse, riempiendo le città italiane con grandi manifesti con scritto “Meno tasse per tutti”. In realtà, nel 2009 la pressione fiscale è arrivata al suo massimo storico, parliamo del 44% del PIL.
Apprendiamo continuamente che aumentano i balzelli e le tasse, proprio oggi scopriamo che il governo ha appena introdotto una nuova tassa sui personal computer, sui decoder, sulle pen drive e su tutti gli strumenti digitali che possono servire per registrare musica e video. Le tasse non stanno diminuendo, semmai stanno aumentando.
La domanda che possiamo porci è: è possibile immaginare di tagliare le tasse senza ridurre la spesa pubblica? Va ricordato che il governo Berlusconi è stato capace di far aumentare il debito pubblico italiano di dieci punti percentuali, nell'ultimo anno, passando dal 105% del PIL al 115% nel 2009.
I signori del governo lanciano promesse su ridurre le tasse senza spiegare come avrebbero voluto finanziare questa riduzione. Parliamo di una cifra complessiva dell'ordine di 20-25 miliardi di euro, una cifra enorme. La domanda vera è: come si potrebbe immaginare di fare una riforma del genere senza ridurre la spesa pubblica? Se non si facesse tramite una riduzione della spesa pubblica la situazione sarebbe quella di un ulteriore aumento, in via permanente, del debito pubblico, rischiando di portare il Paese verso la bancarotta finanziaria, cioè preannunciare uno scenario simile a quello dell'Argentina.
Forse in questo momento non è indispensabile immaginare una riforma delle aliquote nella direzione annunciata da Berlusconi. La vera emergenza è quella di accrescere il potere d'acquisto per le famiglie più povere. Gli interventi che sarebbero necessari in questo momento dovrebbero essere orientati a ridurre le tasse solo per le famiglie più povere.
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Giornalismo alla sbarra - Art.21
Quando la soglia si sposta, quando i confini non sono piu' molto chiari, quando si cominciano a insinuare nuovamente strani modi di espressione e soprattutto di fare giornalismo, è li che i sospetti prendono forma e diventano tremendamente pericolosi.
Quello che Alessandro Sallusti ha scritto in un suo articolo contro il giornalismo di Gad Lerner atto ad attaccare unicamente la Chiesa cattolica ricordando la fede ebraica dello stesso Lerner ha dell'incredibile e del preoccupante.
Sallusti, naturalmente, a Tetris condotto da Luca Telese minimizza le sue parole e parla di metodo di fare giornalismo " diverso ". Gad Lerner, presente anche lui alla trasmissione, reagisce con un'ira contenuta e soprattutto con grande timore su ciò che potrebbe accadere con un nuovo macabro antisemitismo che oramai pare dietro l'angolo. Non lo nascondeva nemmeno il Corriere della Sera qualche tempo fa, quando un giornalista non tanto sprovveduto sottolineava come le soglie di ciò che si può asserire e dei modi di giudicare genocidi come quello verso gli ebrei si stiano rapidamente spostando. 30 anni fa, anche solo una battuta non spiritosa sugli ebrei avrebbe destato nelle persone profondo disprezzo per il protagonista di tale uscita infelice. Oggi, accanto a barzellette sempre piu' frequenti ( bisogna ricordare che sarebbe , d'altro canto, errato evidenziare in modo particolare il mondo burlesco, che rimane pur sempre nella sua veste di comicità ) le critiche e i giudizi che piovono sugli ebrei sono piu' facilmente esternabili e il coraggio di opporsi a giudizi ufficiali è sempre piu' semplice da trovare.
Quando Paolo Mieli, direttore Rcs Libri, per tutt'altri motivi, ha affermato giovedi scorso ad Annozero che il tappo a breve potrebbe saltare diceva qualcosa di riconosciuto. In quel caso l'argomento era di politica interna, nel nostro caso la frase calza a pennello ma l'argomento è ben piu' grande, e potrebbe dar vita a sentimenti nefasti che hanno già reso piu' che vergognosa l'esistenza di dottrine che discriminano e credono in fittizie superiorità razziali.
Svegliamoci tutti.
Quello che Alessandro Sallusti ha scritto in un suo articolo contro il giornalismo di Gad Lerner atto ad attaccare unicamente la Chiesa cattolica ricordando la fede ebraica dello stesso Lerner ha dell'incredibile e del preoccupante.
Sallusti, naturalmente, a Tetris condotto da Luca Telese minimizza le sue parole e parla di metodo di fare giornalismo " diverso ". Gad Lerner, presente anche lui alla trasmissione, reagisce con un'ira contenuta e soprattutto con grande timore su ciò che potrebbe accadere con un nuovo macabro antisemitismo che oramai pare dietro l'angolo. Non lo nascondeva nemmeno il Corriere della Sera qualche tempo fa, quando un giornalista non tanto sprovveduto sottolineava come le soglie di ciò che si può asserire e dei modi di giudicare genocidi come quello verso gli ebrei si stiano rapidamente spostando. 30 anni fa, anche solo una battuta non spiritosa sugli ebrei avrebbe destato nelle persone profondo disprezzo per il protagonista di tale uscita infelice. Oggi, accanto a barzellette sempre piu' frequenti ( bisogna ricordare che sarebbe , d'altro canto, errato evidenziare in modo particolare il mondo burlesco, che rimane pur sempre nella sua veste di comicità ) le critiche e i giudizi che piovono sugli ebrei sono piu' facilmente esternabili e il coraggio di opporsi a giudizi ufficiali è sempre piu' semplice da trovare.
Quando Paolo Mieli, direttore Rcs Libri, per tutt'altri motivi, ha affermato giovedi scorso ad Annozero che il tappo a breve potrebbe saltare diceva qualcosa di riconosciuto. In quel caso l'argomento era di politica interna, nel nostro caso la frase calza a pennello ma l'argomento è ben piu' grande, e potrebbe dar vita a sentimenti nefasti che hanno già reso piu' che vergognosa l'esistenza di dottrine che discriminano e credono in fittizie superiorità razziali.
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giovedì 11 febbraio 2010
Sudamerica es pasion - Art. 9
Qualche tempo fa avevo chiesta alla mia amica argentina Marcela di aiutarmi a scrivere un post sulla crisi finanziaria che c’è stata nel suo paese nel 2001/2002.
Ecco quindi cosa successe e come percepì lei la crisi, che all’epoca lavorava in banca. Credo che quello successo in Argentina qualche anno fa possa comunque farci riflettere sulla crisi finanziaria ed economica di oggi.
La crisi si sviluppò durante gli anni precedenti attraverso l’esorbitante crescita della spesa pubblica di fronte a ingressi fiscali insufficienti. Per fronteggiare questo problema si ricorse all’indebitamento con l’estero. Si aumentarono le tasse e l’economia rispose negativamente. La crisi del 2001/2002 fu macroeconomica.
Fino al 1997 l’economia argentina era cresciuta più di quanto era stato calcolato. Solo nel 1995 si fermò, a causa dell’effetto “Tequila” (la crisi messicana), ma riprese rapidamente. Arrivarono molti capitali dall’estero, sotto forma di credito bancario, finanziamenti alle importazioni, etc. Le necessità finanziarie del settore pubblico venivano coperte in gran parte grazie ai mercati esteri. Fu così che l’affluenza di capitali esteri divenne un pilastro fondamentale per il funzionamento dell’economia argentina. Queste risorse resero possibile che la somma del consumo, l’inversione e la spesa pubblica superassero l’ingresso prodotto dal interno del paese.
Alla fine del 1998 la svalutazione del Brasile colpì direttamente l’economia argentina. La condizione mondiale di finanziamento per i paesi emergenti peggiorarono bruscamente. LA spesa pubblica straripò al punto che ci fu un’ampia inconsistenza tra lo squilibrio fiscale ed il regime di convertibilità (la cui parità era un peso, un dollaro). Negli ultimi mesi del 1998 iniziò la recessione; i debiti non si potevano sostenere più.
A partire dal gennaio 2001 iniziò ad esserci un’emorme fuga di depositi bancari. La gente cominciò a percepire una grande debolezza politica (Fernando De la Rùa era presidente in quegli anni). Iniziò un corrida bancaria enorme, i soldi (la maggiorpartte in dollari) vennero prestati alle imprese atomizzate. Questo significa che circa l’80% del denaro prestato dalle banche era in mano al 4% dei debitori. Quando i pagamenti terminarono le imprese non erano comunque in grado di soddisfare le proprie obbligazioni, facendo sì che il sistema bancario si indebitassi notevolmente. Il 1 dicembre passò il decreto 1570/01 che proibiva prelievi di contanti superiori ai 250 dollari settimanali per persona, il famoso corralito bancario. Questo portò successivamente alla caduta del presidente.
Da quel momento iniziò un grande movimento sociale, la gente iniziava a manifestare, a protestare: si formarono i famosi cacerolazos. La popolazione si trovava nella Plaza de Mayo con cacerolas (pentole) chiedendo le dimissioni del governo. Iniziarono i saccheggi ai supermercati, le banche chiusero addirittura una settimana per provare a far fronte alla crisi. Ma le proteste continuavano: alcuni manifestanti furono uccisi, la polizia tirava gas lacrimogeni.
Marcela dice: “fu un vero e proprio disastro, ed io sprofondai in una tristezza infinita... bastava vedere con quanta facilità ci si ammazzava...era una guerra di tutti contro tutti. Si dice che molte di queste manifestazioni siano in realtà state un’operazione politica dell’opposizione, ma comunque sia non si poteva uscire di casa. In una settimana cambiammo tre diversi presidenti: Alberto Rodriguez Saá, Ramón Puerta ed Eduardo Duhalde, che rimase al governo per quasi due anni.
Io allora lavoravo in banca, come cassiera. E non posso che descriverlo come un periodo orribile: la gente urlava, era violenta, disperata... a molti avevano confiscato i risparmi di una vita. L’indice di disoccupazione aumentò improvvisamente, molte piccole e medie imprese cessarono l’attività commerciale perchè non potevano più far frone alle imprese.
Molta gente ricorse alla giustizia ed iniziò “Recursos de amparo” (ricorso di protezione), grazie ai quali le banche furono poco a poco abbligate a riconsegnare i depositi dei clienti nella forma originaria (la maggior parte in dollari). Ancora oggi si continuano a pagare questi recursos, dove il cambio è 1.40 pesos per ogni dollaro. Molta gente comprò buoni del debito pubblico con quei soldi, chiamati Bodén 2012 e Bodén 2013: vedremo se nel 2012 e nel 2013 si restituiranno i soldi restanti.”
Ecco quindi cosa successe e come percepì lei la crisi, che all’epoca lavorava in banca. Credo che quello successo in Argentina qualche anno fa possa comunque farci riflettere sulla crisi finanziaria ed economica di oggi.
La crisi si sviluppò durante gli anni precedenti attraverso l’esorbitante crescita della spesa pubblica di fronte a ingressi fiscali insufficienti. Per fronteggiare questo problema si ricorse all’indebitamento con l’estero. Si aumentarono le tasse e l’economia rispose negativamente. La crisi del 2001/2002 fu macroeconomica.
Fino al 1997 l’economia argentina era cresciuta più di quanto era stato calcolato. Solo nel 1995 si fermò, a causa dell’effetto “Tequila” (la crisi messicana), ma riprese rapidamente. Arrivarono molti capitali dall’estero, sotto forma di credito bancario, finanziamenti alle importazioni, etc. Le necessità finanziarie del settore pubblico venivano coperte in gran parte grazie ai mercati esteri. Fu così che l’affluenza di capitali esteri divenne un pilastro fondamentale per il funzionamento dell’economia argentina. Queste risorse resero possibile che la somma del consumo, l’inversione e la spesa pubblica superassero l’ingresso prodotto dal interno del paese.
Alla fine del 1998 la svalutazione del Brasile colpì direttamente l’economia argentina. La condizione mondiale di finanziamento per i paesi emergenti peggiorarono bruscamente. LA spesa pubblica straripò al punto che ci fu un’ampia inconsistenza tra lo squilibrio fiscale ed il regime di convertibilità (la cui parità era un peso, un dollaro). Negli ultimi mesi del 1998 iniziò la recessione; i debiti non si potevano sostenere più.
A partire dal gennaio 2001 iniziò ad esserci un’emorme fuga di depositi bancari. La gente cominciò a percepire una grande debolezza politica (Fernando De la Rùa era presidente in quegli anni). Iniziò un corrida bancaria enorme, i soldi (la maggiorpartte in dollari) vennero prestati alle imprese atomizzate. Questo significa che circa l’80% del denaro prestato dalle banche era in mano al 4% dei debitori. Quando i pagamenti terminarono le imprese non erano comunque in grado di soddisfare le proprie obbligazioni, facendo sì che il sistema bancario si indebitassi notevolmente. Il 1 dicembre passò il decreto 1570/01 che proibiva prelievi di contanti superiori ai 250 dollari settimanali per persona, il famoso corralito bancario. Questo portò successivamente alla caduta del presidente.
Da quel momento iniziò un grande movimento sociale, la gente iniziava a manifestare, a protestare: si formarono i famosi cacerolazos. La popolazione si trovava nella Plaza de Mayo con cacerolas (pentole) chiedendo le dimissioni del governo. Iniziarono i saccheggi ai supermercati, le banche chiusero addirittura una settimana per provare a far fronte alla crisi. Ma le proteste continuavano: alcuni manifestanti furono uccisi, la polizia tirava gas lacrimogeni.
Marcela dice: “fu un vero e proprio disastro, ed io sprofondai in una tristezza infinita... bastava vedere con quanta facilità ci si ammazzava...era una guerra di tutti contro tutti. Si dice che molte di queste manifestazioni siano in realtà state un’operazione politica dell’opposizione, ma comunque sia non si poteva uscire di casa. In una settimana cambiammo tre diversi presidenti: Alberto Rodriguez Saá, Ramón Puerta ed Eduardo Duhalde, che rimase al governo per quasi due anni.
Io allora lavoravo in banca, come cassiera. E non posso che descriverlo come un periodo orribile: la gente urlava, era violenta, disperata... a molti avevano confiscato i risparmi di una vita. L’indice di disoccupazione aumentò improvvisamente, molte piccole e medie imprese cessarono l’attività commerciale perchè non potevano più far frone alle imprese.
Molta gente ricorse alla giustizia ed iniziò “Recursos de amparo” (ricorso di protezione), grazie ai quali le banche furono poco a poco abbligate a riconsegnare i depositi dei clienti nella forma originaria (la maggior parte in dollari). Ancora oggi si continuano a pagare questi recursos, dove il cambio è 1.40 pesos per ogni dollaro. Molta gente comprò buoni del debito pubblico con quei soldi, chiamati Bodén 2012 e Bodén 2013: vedremo se nel 2012 e nel 2013 si restituiranno i soldi restanti.”
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lunedì 8 febbraio 2010
Il Fabbricante dei Sogni - Art.2
Questa settimana volevo inoltrarmi nell'interessante confronto tra due grandi uomini dell'Ottocento, che hanno compiuto percorsi teorici riconducibili alla pratica: Karl Marx e Max Weber.
In sintesi, discorreremo della visione materialistica della storia di Marx e , per contro, ciò che Weber evidenzia come primo motore del decollo dello spirito capitalistico.
Marx discute dei processi storico-economici della storia dell'uomo, considerando che ciascun modo di produzione dei vari periodi storici possedeva e possiede una lotta di classe alla propria base e una conseguente necessità dei piu' deboli di affermare la propria supremazia sui piu' forti. Questo attraverso la rivoluzione.
Può anche esistere, come causa prima della necessità del modo di produzione, lo sviluppo dei mezzi produttivi non piu' idoneo e sostenibile dal modo di produzione presente in quel momento. A quel punto, per lo sviluppo dell'uomo, la rivoluzione e lo stravolgimento delle vecchie gerarchie è fondamentale per garantire il progresso e la fine dell'oppressione dei detentori dei mezzi di produzione sui sfruttati. Inutile dire che Marx vede come classi attuali proletariato e borghesia,quest'ultima generata dalla rivoluzione borghese settecentesca, teorizzando scientificamente una rivoluzione proletaria che porterà ad una fase transitora di dittatura del proletariato, e poi di estinzione dello Stato e quindi di comunismo.
Weber vede nell'ascesa dello spirito capitalistico una radice religiosa e non storico-economica. Questa radice deriverebbe dalla riforma protestante, e quindi dalla sua etica. Questa etica, in Lutero per esempio, è rappresentata dal Beruf, cioè la professione per la vocazione. In buona sostanza Lutero affermava , e di riflesso Weber, che le indulgenze proposte dalla Chiesa tradizionale e diversi sacramenti fossero inutili. Dio ci ha dato una posizione professionale, quella rimarrà. Dobbiamo avere l'accortezza di comportarci rettamente, perseguendo il bene ma senza ambire ad innalzamenti di livello. Il peccato è visto male, poichè il recupero del proprio stato di grazia non è facile come può esserlo nella Chiesa tradizionale.
Accanto a questa prima riforma luterana si aggiunge la corrente puritana, con il massimo esponente in Calvino, che afferma la predestinazione ( cioè la convinzione che Dio abbia prescelto all'alba dei tempi i dannati e i graziati ) e quindi vuole vedere, sulla Terra, i segni tangibili del suo destino.
L'uomo , essendo già dato il verdetto, è deresponsabilizzato e lasciato da solo. La razionalizzazione è in assoluto incentivata poichè l'uomo deve lavorare non per il sperpero e l'uso del denaro per fini ludici, ma bensi l'investimento del proprio lavoro in nuovo lavoro per dimostrare devozione e accrescere la gloria di Dio.
Secondo Weber le conseguenze sarebbero naturali e scontate.
Inutile asserire che questi due punti di vista rappresentano importanti valutazioni riguardo ai processi che sono avvenuti nei secoli scorsi, mostrandosi nella loro integrità, validità scientifica e logica insita.
In sintesi, discorreremo della visione materialistica della storia di Marx e , per contro, ciò che Weber evidenzia come primo motore del decollo dello spirito capitalistico.
Marx discute dei processi storico-economici della storia dell'uomo, considerando che ciascun modo di produzione dei vari periodi storici possedeva e possiede una lotta di classe alla propria base e una conseguente necessità dei piu' deboli di affermare la propria supremazia sui piu' forti. Questo attraverso la rivoluzione.
Può anche esistere, come causa prima della necessità del modo di produzione, lo sviluppo dei mezzi produttivi non piu' idoneo e sostenibile dal modo di produzione presente in quel momento. A quel punto, per lo sviluppo dell'uomo, la rivoluzione e lo stravolgimento delle vecchie gerarchie è fondamentale per garantire il progresso e la fine dell'oppressione dei detentori dei mezzi di produzione sui sfruttati. Inutile dire che Marx vede come classi attuali proletariato e borghesia,quest'ultima generata dalla rivoluzione borghese settecentesca, teorizzando scientificamente una rivoluzione proletaria che porterà ad una fase transitora di dittatura del proletariato, e poi di estinzione dello Stato e quindi di comunismo.
Weber vede nell'ascesa dello spirito capitalistico una radice religiosa e non storico-economica. Questa radice deriverebbe dalla riforma protestante, e quindi dalla sua etica. Questa etica, in Lutero per esempio, è rappresentata dal Beruf, cioè la professione per la vocazione. In buona sostanza Lutero affermava , e di riflesso Weber, che le indulgenze proposte dalla Chiesa tradizionale e diversi sacramenti fossero inutili. Dio ci ha dato una posizione professionale, quella rimarrà. Dobbiamo avere l'accortezza di comportarci rettamente, perseguendo il bene ma senza ambire ad innalzamenti di livello. Il peccato è visto male, poichè il recupero del proprio stato di grazia non è facile come può esserlo nella Chiesa tradizionale.
Accanto a questa prima riforma luterana si aggiunge la corrente puritana, con il massimo esponente in Calvino, che afferma la predestinazione ( cioè la convinzione che Dio abbia prescelto all'alba dei tempi i dannati e i graziati ) e quindi vuole vedere, sulla Terra, i segni tangibili del suo destino.
L'uomo , essendo già dato il verdetto, è deresponsabilizzato e lasciato da solo. La razionalizzazione è in assoluto incentivata poichè l'uomo deve lavorare non per il sperpero e l'uso del denaro per fini ludici, ma bensi l'investimento del proprio lavoro in nuovo lavoro per dimostrare devozione e accrescere la gloria di Dio.
Secondo Weber le conseguenze sarebbero naturali e scontate.
Inutile asserire che questi due punti di vista rappresentano importanti valutazioni riguardo ai processi che sono avvenuti nei secoli scorsi, mostrandosi nella loro integrità, validità scientifica e logica insita.
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lunedì 1 febbraio 2010
Il Fabbricante dei Sogni - Art.1
Ecco la nuova rubrica che da questa settimana partirà su fratellipolemici.
Annegati oramai nell'informazione del sultano, inondati dagli oceani della malavita e dalla malasanità, criticati e biasimati da gran parte del mondo, noi italiani viaggiamo ancora sui sentieri dei dolci sogni.
Ma questo oramai è un problema tritato e ritritato, abusato in larghissima parte dai sedicenti signori dell'informazione, che discorrono con irritanti interessi personali dei peggio problemi di quest'Italietta dalla cultura in estinzione e dalla società improduttiva, in tutti i campi.
La mia proposta, che vuole rappresentare un punto di disconnessione dalla solita manfrina televisiva, è di agganciare teorie che oramai si studiano solo nelle noiose giornate scolastiche e universitare alla realtà odierna.
Mi propongo di farlo perchè mi sono reso conto , pur nella mia modesta cultura, che ciò che hanno scritto sociologi, economisti, filosofi, storici del '700-'800-'900 hanno delle verità intramontabili e che credo sia corretto analizzare per il brillante contributo che hanno dato ai pensieri dominanti o meno dei nostri giorni.
Sarà quindi un viaggio attraverso autori che, a mio avviso, hanno fatto la storia della storia, la storia dei pensieri e probabilmente hanno fatto la storia delle piu' grandi verità dei processi economico-filosofici dell'era dell'uomo.
Annegati oramai nell'informazione del sultano, inondati dagli oceani della malavita e dalla malasanità, criticati e biasimati da gran parte del mondo, noi italiani viaggiamo ancora sui sentieri dei dolci sogni.
Ma questo oramai è un problema tritato e ritritato, abusato in larghissima parte dai sedicenti signori dell'informazione, che discorrono con irritanti interessi personali dei peggio problemi di quest'Italietta dalla cultura in estinzione e dalla società improduttiva, in tutti i campi.
La mia proposta, che vuole rappresentare un punto di disconnessione dalla solita manfrina televisiva, è di agganciare teorie che oramai si studiano solo nelle noiose giornate scolastiche e universitare alla realtà odierna.
Mi propongo di farlo perchè mi sono reso conto , pur nella mia modesta cultura, che ciò che hanno scritto sociologi, economisti, filosofi, storici del '700-'800-'900 hanno delle verità intramontabili e che credo sia corretto analizzare per il brillante contributo che hanno dato ai pensieri dominanti o meno dei nostri giorni.
Sarà quindi un viaggio attraverso autori che, a mio avviso, hanno fatto la storia della storia, la storia dei pensieri e probabilmente hanno fatto la storia delle piu' grandi verità dei processi economico-filosofici dell'era dell'uomo.
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